Il faraone d’Olanda, di Kader Abdolah
Herman Raven, alias Zayed Hawass, è un egittologo olandese che, dopo aver speso una vita dietro la passione e gli studi, scopre che sta perdendo la memoria. L’unico ricordo che ha in merito al proprio lavoro è la mummia della regina Merneith, l’eletta di Toth, dio egizio della sapienza e della scrittura, custodita in un sarcofago che si trova nella sua cantina a Zoetermeer.
Abdolkarim è l’amico egiziano di Raven, figlio di un restauratore di libri al Cairo e da anni in Olanda, dove lavorava in una ditta di lavatrici e ora finalmente in pensione. Abdolkarim conosce il segreto di Raven, anche perché è stato proprio lui a decorarla ad arte come una tomba faraonica.
L’egiziano, rimasto solo perché divorziato dalla moglie e in procinto di veder partire il proprio figlio per l’America, sostiene l’amico Raven e lo supporta nell’assurdo progetto che questi vuole portare a compimento prima che la memoria svanisca del tutto: riportare la mummia in Egitto.
In questo compito segreto, lo stesso Abdolkarim vede anche la possibilità di tornare nel proprio paese d’origine, dove attendere con serenità la fine dei propri giorni perché
… tutto torna al luogo da dove è venuto…
Riportare la mummia in Egitto, però, si rivela un compito ricco d’insidie.
I due anziani amici, infatti, dovranno fare i conti con chi pensa che si tratti di una falsificazione e con chi, invece, la vede diversamente e cerca di trarne profitto.
Pagina dopo pagina, non si può non provare tenerezza per la sorte di Raven, che pian piano inizia a perdere anche il contatto con la realtà e si ritrova quindi in balia degli eventi senza riuscire a opporre una adeguata reazione. Allo stesso tempo, però, si diventa tifosi del caparbio Abdolkarim, il quale giura a sé stesso di portare a termine la missione.
L’amicizia tra i due, infatti, lo spinge a continuare sulla propria strada anche quando Zayed/Herman, improvvisamente, si aggrava e muore.
Il faraone d’Olanda (Iperborea, traduzione di Elisabetta Svaluto Morello) diventa così una lettura piacevole che mostra una parabola della vita, quella che vede il perenne contrasto tra le tradizioni e le innovazioni, tra un mondo che va e uno che viene, tra genitori e figli con visuali e aspettative differenti.
Il faraone d’Olanda, però, è per certi versi anche un testo sulla solitudine dell’individuo nella società moderna.
Seppur si basi su una grande amicizia, la storia scritta da Kader Abdolah rappresenta anche l’individuo che vive legato al proprio passato, inconsapevole della velocità con cui procede il mondo che lo circonda, un mondo che sinceramente nessuno saprebbe dire dove sia diretto. Abdokarim lo capisce poco alla volta e comprende che lo scopo finale della propria vita è il ritorno in patria, lasciandosi alle spalle quanto fin lì vissuto, rimpianti compresi.
Kader Abdolah, con scrittura asciutta ed essenziale, si rivela ancora una volta un eccellente testimone dell’accostamento di mondi differenti e della fusione di culture che affascinano, senza dimenticare mai le proprie origini. Lo fece la prima volta col Viaggio delle bottiglie vuote, proseguendo con Scrittura Cuneiforme e ancora con La Casa sulla Moschea, tanto per citare alcuni suoi titoli.
Il faraone d’Olanda, senza dubbio, è un testo che si fa leggere e a momenti divorare, unendo pagine dolci di ironia e semplicità a momenti di velata malinconia.
Consiglio di leggerlo e rifletterci sopra, proprio come ho fatto io.