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Donne che parlano, di Miriam Toews

Dopo aver letto Donne che parlano di Miriam Toews (ed. Marcos y Marcos con traduzione di Maurizia Balmelli) ho iniziato a consigliare a chiunque di leggerlo. “Meraviglioso”, dicevo. “Sotto un infinità di punti di vista”. Così tanti che è quasi difficile mettervi ordine. Ci provo.

Donne che parlano

Innanzitutto la storia, che viene presentata così:

Venivano narcotizzate con lo spray per le mucche, e poi stuprate nel sonno. Si svegliavano doloranti, sanguinanti. E si sentivano dire che era tutto frutto della loro sfrenata immaginazione, o eventualmente del diavolo. Invece i colpevoli erano uomini della comunità: zii, fratelli, vicini, cugini. Che fare adesso, con questi uomini, che sono in carcere, ma presto usciranno su cauzione e torneranno a casa? Perdonare, come vorrebbe il pastore Peters? Rispondere con violenza alla violenza? O andare via, per sempre, per affermare una vita diversa, di rispetto, amore e libertà?

La violenza non è un espediente narrativo, purtroppo. Sono fatti realmente accaduti in una colonia mennonita boliviana, la colonia di Manitoba, tra il 2005 e il 2009.

Il romanzo parte da qui: dal momento in cui le donne devono decidere cosa fare. Sono donne sottomesse, abituate a obbedire. Nascoste in un fienile, prendono in mano, per la prima volta, il proprio destino.

La narrazione della Toews si concentra su questo, sul dopo, e lo fa scegliendo come spettatore proprio un uomo, August Epp, il cui compito consiste nel redigere i verbali nelle 48 ore rimaste alle donne per scegliere cosa fare del proprio destino.

Qualcuno mi ha chiesto: “ma è un libro sulla violenza di genere?”. A parer mio la violenza non ha genere, ma vittime di tutti i generi, non so cosa ne pensi Miriam Toews in proposito e se questo sia stato il suo intento. Donne che parlano è un libro che secondo me va oltre questa distinzione semplicistica, e lo fa in innumerevoli modi e senza dare opinioni. Ed è capace di raccontare un orrore come un fatto, senza caricarlo di facili giudizi o di sadiche descrizioni. Sembra quasi, piuttosto, voler restituire valore a ciò che è concreto: non c’è bisogno di descrivere minuziosamente uno stupro perché si comprenda e se ne possa capire meglio l’orrore. L’orrore è il fatto in sé.

Non è un dialogo serrato, un botta e risposta vivace di parole e battute. Il ritmo della narrazione ricorda invece il volo di un’ape: si fa veloce in alcuni passaggi, ma rallenta e si sofferma talvolta su un pensiero, uno sguardo, come l’ape sul fiore. Segue, insomma, il ritmo della mano di August Epp, seduto a parte in quel fienile a scrivere e a riportare parole, gesti, sguardi, qualche suo pensiero, di tanto in tanto.

E il titolo è accurato: le donne parlano. Non strepitano, gridano, né si strappano i capelli, benché quanto sia successo a loro e alle altre donne della comunità sia un vero e proprio orrore. Le donne parlano perché, in primo luogo, si ascoltano le une con le altre. Non si rubano la parola, si rispettano, si vogliono bene. E si trovano in un tale stato di incertezza da rendere potenzialmente valida ogni opzione, annidandosi in ognuna di queste quasi un’eguale dose di paura: restare e non fare niente, restare e combattere, andarsene… ma in caso, andarsene dove? Loro che non hanno mai neppure visto una mappa del mondo e che sanno parlare soltanto in basso tedesco!

Mentre le donne parlano, insomma, al lettore è lasciato l’agio di ascoltarle. Ed è strano, non so esattamente quando accada, ma a un certo punto senza neppure accorgervene comincerete a pensare con loro, ad essere loro, a chiedervi cosa fareste voi, in quella situazione. Ecco, la cosa più bella di Donne che parlano è il viaggio umano che vi farà affrontare. È un libro che rimane negli occhi; un filtro forse non del tutto nuovo, ma differente quel tanto che basta per guardare al mondo in modo altrettanto diverso.

Alice de Carli Enrico

Alice de Carli Enrico è traduttrice e giornalista freelance. Ha cominciato a leggere romanzi all'età di 8 anni e non ha più smesso. È appassionata di scrittura e lettura, dell'uso corretto della lingua italiana, di viaggi lunghi ed economici, del suono delle parole e di mari in tempesta. Ovunque vada porta sempre un libro con sé, l'unico oggetto in grado di renderla quieta anche nelle più improbabili situazioni. Cosa fa su MeLoLeggo? Scrive recensioni, dirige le pubblicazioni, revisiona racconti e romanzi dando la caccia all'errore con la meticolosità di un cecchino (a volte gli stessi scritti tremano dalla paura). Lavora tanto e consuma poco: necessita solo di una coperta, un divano e ovviamente un libro.

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