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Intervista a Niki Neve riguardo a Col Angeles

Col Angeles è un libro di racconti di Niki Neve dato alle stampe di recente con Jago Edizioni. Racconti surreali e sopra le righe con dei personaggi folli, che sembrano usciti da Bukowski o da qualche scrittore beat, tipo Richard Brautigan. Surreali e sopra le righe ma molto umani, molto veri, ti accorgi, leggendoli, che non ci ha ricamato sopra molto l’autore.

Col Angeles non è negli States, è in Italia, sul lago di Garda, dove Niki Neve è nato come Nicolò Sordo, autore di altri libri e ora attore a Roma. Ogni tanto però ritorna nella sua piccola frazione, Colà. Ci ritorna anche con la memoria, come è stato il caso per questo libro di quaranta racconti, che narra di un territorio pieno di seconde case, con turisti, in maggioranza tedeschi. Una zona viva, più che viva, da Pasqua a novembre, poi i turisti se ne vanno, lasciando tristi e vuoti i baracconi turistici sorti attorno al lago.

Ci si diverte a leggere queste storie, a volte si ride, a volte si riflette sulla vita. Ci passa davanti un interessante film di provincia, con i suoi miti e i suoi riti, e ci si accorge del tempo che scorre come in una pellicola di Robert Altman, con tagli brevi. Potrebbe uscirne un bel film.

Di questo e altro ne ho parlato con l’autore, Niki Neve.

Col Angeles

Come è nato Col Angeles?

È nato totalmente contro la mia volontà. Per accumulo. Ogni notte scrivevo delle cose e poi delle altre cose e poi cercavo di non perderle e di metterle tutte nello stesso posto ed è venuto fuori Col Angeles.

Un titolo particolare… come è nato?

Il titolo non è mio. Sono quelle trovate da bar. Quelli che abitano a Colà con me hanno certe manie di grandezza e, certe notti che non passa neanche una macchina o neanche un cane per strada, si inventano di vivere in una metropoli e che questa abbia il nome di Col Angeles.

Leggendo questi racconti ho pensato potrebbero essere episodi di un film. Potrebbe essere un’idea, visto che sei anche attore. Chi ti piacerebbe avere come regista, e quali altri attori?

Mi fa piacere che parli di cinema perché il cinema mi piace molto. Sceglierei un regista che mi piace come persona e che abbia familiarità con il mio mondo e con la provincia, che sappia di cosa si sta parlando. Inutile fare nomi, anche se ne ho uno in mente. Ho una scarsissima stima degli attori (non totalmente per colpa loro, molti sono amici e li trovo simpatici e mi fanno anche tenerezza a volte) e preferirei delle persone direttamente dalla strada o quasi. Ho un radar e riesco a riconoscere a 100 metri una “faccia da attore”. Ecco, credo che “una faccia da attore” in queste storie rovinerebbe tutto.

Chi sono i tuoi autori di riferimento? Quali ti hanno ispirato maggiormente per scrivere Col Angeles?

La mia triade è Romain Gary, Charles Bukowski e Gabriel Garcìa Marquez.

In Italia si ha il terrore a pubblicare libri di racconti, dicono. È solo una leggenda, o è vero? Come hai convinto Jago edizioni a pubblicare il tuo libro?

Non c’è stata nessuna opera di convincimento, ma più amicizia e fiducia. Anni fa Elisabetta Parisi (la direttrice di Jago Edizioni) aveva una libreria e io andavo a fare il libraio a tempo perso. Le ho detto che scrivevo delle cose e abbiamo pensato di pubblicarle insieme. Sicuramente i racconti in Italia sono svalutati. Ma non più di altro.

Come è stato accolto il libro dalla stampa? Sono previste delle presentazioni? Pensi di scriverne un altro?

Non saprei dirti come il libro sia stato accolto dalla stampa, penso e spero che il libro sia stato accolto bene, sicuramente come un oggetto raro e contundente. Con delle sue particolarità e una sua identità, che è la cosa a cui tengo di più. L’ho presentato il 7 luglio dalle mie parti, a La Tana del Lupo a Peschiera del Garda, in compagnia di un altro autore, Alberto del Grande, che presenta il suo Piccoli passi. Non penso di scriverne un altro, perché non ho molto controllo su quello che faccio.

Progetti futuri?

Vacanze! Poi a ottobre sarò in scena a Romaeuropa Festival con un mio testo, Ok Boomer (Anch’io sono uno stronzo) per la regia di Babilonia Teatri e in scena con Filippo Quezel. Tanta roba.

Diego Alligatore

Diego Alligatore è critico rock del web dalla lontana estate del 2003, quando ha iniziato a scrivere di rock indipendente italico sul portale della nota agenda Smemoranda. Da allora non ha più smesso, intervistando e recensendo centinaia di gruppi dell'underground di casa nostra, oltre che su Smemoranda.it anche sul BLOG DELL'ALLIGATORE, su Frigidaire e Il Nuovo Male cartacei. A gennaio 2018 fonda con la sua compagna Elle L'ORTO DI ELLE E ALLI, sito di orto bio e culture alternative, cose curate insieme con passione autentiche. In tutti questi posti non ha mai dimenticato che anche la letteratura può essere rock, parlando con giovani scrittori italici, recensendone libri, incontrandoli in alcune presentazioni. Nel 2021 è uscito con Arcana il suo "Giovani, musicanti e disoccupati", libro di interviste a musicanti indipendenti durante il lockdown del 2020. Cosa fa su MeLoLeggo? Continuerà a cercare giovani autori, parlando con loro di buoni libri, perché la vita è troppo breve per sprecarla con cattive letture.

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