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Grottesco e straniante sul Potere: intervista a Angelo Calvisi su Genesi 3.0

Grottesco e straniante sul Potere: intervista a Angelo Calvisi su Genesi 3.0

Angelo Calvisi (foto di Paolo Pisoni)
Angelo Calvisi (foto di Paolo Pisoni)

Genesi è un romanzo più unico che raro nell’attuale panorama letterario italiano. L’ha scritto il ligure Angelo Calvisi quando, tra il 2016 e il 2017, faceva l’insegnante a Bonn, pubblicandolo quest’anno con Neo. Edizioni, casa editrice giovane e coraggiosa. Leggendolo, fin dalle prime pagine, si viene presi da un turbine di situazioni surreali, a tratti scatologiche e a tratti anarchiche, che fan pensare al regista greco Yorgos Lanthimos.

Ho citato Lanthimos perché il più vicino a noi nel tempo, ma leggendo Genesi 3.0 vengono in mente molti nomi di letteratura e cinema surreale, da Marco Ferreri a Samuel Beckett, per fare due esempi distanti e diversi.

Romanzo non facile da raccontare, ha per protagonista Simon, ragazzo che vedremo in scena in un crescendo di azioni grottesche nelle quattro parti nelle quali è diviso il romanzo: Selvatico, Paralitico, Ospedaliero, Famigliare.

Spiazzante e divertente, sembra una parabola sul potere, forse un romanzo distopico, termine alla moda che potrebbe però anche essere fuorviante. Ci sono scene forti, uno scrivere di militari, religiosi, politici in una maniera libera e anticonformista da anni ’70 del secolo scorso. Per questo direi molto avanzata e radicale.

Credo e spero che sentiremo molto parlare di Genesi 3.0, e che il suo autore ci darà molti libri sui quali pensare, dibattere, e/o semplicemente divertirci leggendoli.

Del romanzo e di tutto questo ne abbiamo parlato con Angelo Calvisi.

Come è nato Genesi 3.0?

Vivevo in Germania, in mezzo a una campagna piatta e grigia, e desideravo tornare in Italia. Il piano terra della palazzina in cui abitavo era occupato da una coppia di polacchi. Il marito un giorno mi chiama dalla finestra e mi domanda se posso dargli una mano a raccogliere i carciofi e i finocchi. Sono sceso nell’orto, l’ho aiutato, poi, verso sera, sono tornato a casa e ho cominciato a scrivere la scena che ti ho appena descritto e che alla fine è diventata l’incipit di Genesi 3.0.

Genesi 3.0
Genesi 3.0

Era il 24 aprile del 2016, me lo ricordo perché quando scrivo qualcosa nomino i file con la data in cui comincio la stesura. Un giorno che diventerà imprescindibile nella storia della letteratura del mio pianerottolo.

Un libro “difficile da raccontare”, dicono… è così? Ti diverte che lo descrivano in questo modo?

Secondo me non è così difficile da raccontare. Sempre che tu non ti riferisca alla trama. Ma a un libro del genere, che è un lungo incubo ad occhi aperti, non puoi chiedere la coerenza della fabula o dell’intreccio e io, d’altra parte, me ne sono sempre fottuto di rispettare il rapporto tra causa ed effetto…

Insomma, per affrontare Genesi 3.0 devi farti investire dal flusso, devi essere disposto a giocare e devi farti sorprendere, mettendo in conto che un libro può e deve anche essere un’esperienza per così dire estetica, che è un concetto diverso da estetizzante. Non sono tra quei lettori che giudicano un libro dalla trama. La trama è una schiavitù, e noi non scegliamo mai in base alla trama, ma al modo in cui un libro è scritto.

Non intendo dire che ami gli esercizi di stile fini a se stessi, ma se tra una storia d’amore contrastata scritta da Liala e una scritta da Alessandro Manzoni scelgo da quasi due secoli quest’ultima, be’, vorrà pur dire qualcosa. Alla fine uno scrive ciò che vorrebbe leggere e a me piacciono le storie sbilenche, con personaggi strambi. Penso ad autori come Celati, Cavazzoni, Malerba. Ma anche Sanguineti, Balestrini, Beckett. C’è psicologismo in Moresco? È tutto nitido, oppure le situazioni comiche, la follia dei personaggi, la struttura volutamente ambigua della narrazione è costruita apposta per sollevare dubbi, perplessità, domande? Con le debite proporzioni, Guernica ti sembra realistico? Rispetta i canoni della prospettiva? È un quadro semplice? Direi di no, eppure parla al mondo da quasi cento anni. I pittori esposti nella mostra dell’Arte Degenerata del 1937 hanno vinto, i nomi degli artisti tradizionali che piacevano a Hitler sono stati consumati dal vento.

Per quanto riguarda la seconda parte della tua domanda, non saprei cosa dire. Di certo mi fa piacere tutta l’attenzione critica che Genesi 3.0 sta destando.

Se dovessi raccontarlo tu, cosa diresti?

È un romanzetto di formazione, o forse di de-formazione, ed è raccontato in prima persona da un giovanotto che non è del tutto in bolla. Simon, questo il nome del protagonista, abbandona la campagna e, giunto nella grande Capitale, si troverà coinvolto in giochi più grandi di lui che non è in grado di capire, ma che lo porteranno a confrontarsi faccia a faccia con un Potere grottesco e opprimente.

Genesi 3.0 si svolge in un’Italia che potremmo definire distopica. Fino  a che punto?

Molti commentatori hanno collocato il mio libro nel genere distopico, impossibile non notarlo, ed è una cosa che accetto di buon grado, dato che penso che l’interpretazione di un lettore sia valida quanto la mia. Tuttavia devo dirti che mentre scrivevo, io pensavo più che altro a un racconto allegorico, con toni tra il buffonesco e l’oracolare.

Detto questo, è evidente che nel libro si parli di un presente orribile. È evidente che l’oggetto della mia satira è il Potere ed è altrettanto chiaro (almeno secondo me) che nelle nostre società è alle viste la definitiva trasformazione dei cittadini in sudditi.

Il processo di allegorizzazione lo posso esemplificare così: tu sai che una sezione del romanzo si intitola Paralitico ed è dominata da personaggi che vivono in una condizione di paraplegia e menomazione fisica. Ecco, secondo me si tratta del corrispettivo della paralisi intellettuale e dello spegnimento di ogni capacità di interpretazione e partecipazione del e al reale.

Tutto il libro è disseminato da questi segnali perfino simbolici, se vuoi. Alla fine, più che di un immediato futuro fortemente indesiderabile, tipico di un progetto distopico, a me sembra che Genesi 3.0 metta in scena un’attualità concreta e spaventosa.

Quali sono i maestri letterari che ti ispirano? Quali ti hanno ispirato maggiormente per Genesi 3.0?

All’inizio del 2016 stavo leggendo la Trilogia della città di K. della Kristof e Gli esordi di Moresco. Come ti ho detto, poi, ho sempre avuto un debole per la linea emiliana rappresentata tra gli altri da Celati, Cavazzoni e Malerba (a cui aggiungerei piccole dosi di Nori). All’epoca della stesura di Genesi 3.0 avevo in testa questa musica qui.

Leggendolo ho pensato che sarebbe un ottimo soggetto per un film di Yorgos Lanthimos, per il gusto per l’assurdo, ma con certi riferimenti al reale. Lo vedresti trasportato al cinema?

Adoro il cinema e mi piace Lanthimos, che secondo me avrebbe meritato l’Oscar agli ultimi Academy Awards, però non credo che Genesi 3.0 si presterebbe a una trasposizione sul grande schermo. Nel libro sono troppo centrali lo stile e un andamento (come dire?) febbrile, delirante. Ho la sensazione che traducendolo per immagini si perderebbe qualcosa.

Però, se conosci qualche produttore, suggeriscigli Adieu mon coeur, il mio precedente lavoro! Lascerei scegliere a lui il regista (anche se con il mio amico Paolo Pisoni, come minimo, mi divertirei come un pazzo ad assistere alle riprese) e pretenderei di avere Kim Rossi Stuart, Elio Germano e Serena Rossi nei ruoli dei personaggi principali.

Questo è il primo tuo romanzo per Neo Edizioni, se non sbaglio. Com’è c’è stato questo incontro?

Questa cosa tienila per te. Io sono vittima di una certa mania di persecuzione e sono posseduto da una discreta dose di mitomania. Siccome temevo che con il mio nome vero non potessi mai essere cagato da un indipendente importante come Neo (Angelo Calvisi, in effetti, è nome più adatto a un geometra del catasto che a uno scrittore. Senti invece il sibilo ficcante di Paolo Zardi, o la potenza che emana un nome tipo Giorgio Manganelli, o addirittura Carlo Emilio Gadda!), nel 2015 inviai a Biasella una raccolta di racconti firmata con uno pseudonimo. La raccolta non la pubblicò (venne data alle stampe dal piccolo editore Quarup), ma disse che gli sembrava strano che fossero opera di un esordiente. Sgamato, non potei fare altro che rivelare la mia vera identità (cazzo, detta così sembra una scena da film di supereroi!) e da lì siamo rimasti in contatto.

Un annetto dopo, terminato il primo capitolo di Genesi 3.0 (solo il primo capitolo), l’ho sottoposto all’editore che ha mostrato subito interesse, e quindi la faccenda si è poi concretizzata con molta naturalezza. Con Neo mi trovo molto molto bene. Non so come la vedano Biasella e Coscioni, ma io spero che il rapporto possa continuare. Oddio, quando avrò scritto qualcosa, naturalmente. Oppure quando le vendite di Genesi 3.0 saranno arrivate a un livello tale che il dinamico duo si vedrà costretto a ristampare tutto il mio catalogo.

Quindi quali sono i progetti futuri?

Come dicevo, non sto scrivendo niente. Nei prossimi mesi però usciranno altri miei libretti. Les Flaneurs, piccolo e intraprendente editore pugliese, pubblicherà tra qualche settimana un racconto illustrato per bambini e, a dicembre, un testo a metà strada tra romanzo, poesia e canzonetta. Inoltre, da qualche parte tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, l’editore campano Oedipus pubblicherà la raccolta di poesie con cui, lo scorso gennaio, ho vinto il premio Trivio.

 

Diego Alligatore

Diego Alligatore è critico rock del web dalla lontana estate del 2003, quando ha iniziato a scrivere di rock indipendente italico sul portale della nota agenda Smemoranda. Da allora non ha più smesso, intervistando e recensendo centinaia di gruppi dell'underground di casa nostra, oltre che su Smemoranda.it anche sul BLOG DELL'ALLIGATORE, su Frigidaire e Il Nuovo Male cartacei. A gennaio 2018 fonda con la sua compagna Elle L'ORTO DI ELLE E ALLI, sito di orto bio e culture alternative, cose curate insieme con passione autentiche. In tutti questi posti non ha mai dimenticato che anche la letteratura può essere rock, parlando con giovani scrittori italici, recensendone libri, incontrandoli in alcune presentazioni. Nel 2021 è uscito con Arcana il suo "Giovani, musicanti e disoccupati", libro di interviste a musicanti indipendenti durante il lockdown del 2020. Cosa fa su MeLoLeggo? Continuerà a cercare giovani autori, parlando con loro di buoni libri, perché la vita è troppo breve per sprecarla con cattive letture.

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