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Cecità, di José Saramago

In Cecità (Feltrinelli, traduzione di Rita Desti), lo scrittore portoghese presenta al lettore uno scenario apocalittico, quasi a voler descrivere la fine del mondo.

Cecità, di José Saramago
Cecità, di José Saramago

La cecità diventa un morbo contagioso, o almeno questo ritengono le autorità governative e scientifiche; un morbo che, con perfida precisione, inizia a colpire tutti gli abitanti della città, un profondo e accecante velo bianco che scende su tutti gli essere umani. Saramago accompagna il lettore, con una precisione sconcertante, in un vero e proprio inferno terreno, dove la depravazione e l’abbrutimento sono presenti in ogni angolo.

I signori della politica decidono, onde prevenire un contagio collettivo, di collocare i ciechi e coloro che sono stati a contatto con i contagiati in una struttura che ospitava un manicomio. La pazzia è il segno premonitore di un totale sfacelo, di un abbandono verso forme sempre più degradate di umanità. Il regime che viene instaurato, con soldati preposti a controllare che nessun cieco esca dalla struttura, è ora emblema dell’ottusità di chi governa e in poco tempo abbandona al loro destino gli internati.

Gli occhi del narratore sono quelli di una donna, la moglie del medico oculista, l’unica a non essere diventata cieca. La fortuna di poter vedere ancora, con il passare del tempo, si trasforma per lei in una condanna, in una duratura e prolungata sofferenza che diventa lacerante quando la donna è costretta ad assistere a scene di cruda disumanità, in cui il dominio dell’uomo sull’uomo diventa un pugno nello stomaco.

Saramago usa un tempo presente del tutto scollegato con il passato e con un futuro che sembra non arrivare mai.

Lucifero
Lucifero

La cecità diventa luce che riflette i vizi dell’umanità, la violenza, la prevaricazione sulla donna, la costrizione a dover concedere il proprio corpo per poter mangiare e dare un senso alla vita.

Tutti quanti noi, grazie alla perforante capacità descrittiva dell’autore, ci troviamo in quel manicomio, assaporiamo il delirio che man mano cresce come il liquame maleodorante che sembra penetrare in ogni nostra cellula.

L’uomo diventa una bestia perché cieco? O la cecità rende l’uomo soltanto più vulnerabile ed incapace a gestire il proprio corpo?

La barbarie umana, ogni giorno declinata in violenze, sopraffazioni, egoismi e totale indifferenza verso la sofferenza altrui, accompagna l’uomo da sempre, solletica il suo istinto primordiale volto ad annientare il prossimo.

Il romanzo, che si caratterizza per un finale incerto ma carico di speranze, mette in evidenza anche aspetti positivi, come la ricerca di coesione e la fiducia nell’altro, specialmente in quella donna che, come una santa, decide di farsi carico del destino di quelle sette persone che compongono il nucleo ristretto dei sopravvissuti.

Il ritorno alla libertà, dopo momenti di accecante follia, mostra il profondo timore disegnato su quei corpi, denutriti ed ancora senza vista, nel dover gestirsi in una città dominata da fantasmi e zombi morenti.

Siamo tutti testimoni silenziosi di quello che è accaduto all’interno del manicomio. Quelle anime, oramai private e depredate di ogni frammento di umanità e logica, fuoriescono dal fuoco infernale e sembrano ricordare i sopravvissuti ai campi di sterminio.

Quelle persone, affogate nei loro stessi escrementi, riacquistano la libertà, ma il loro sguardo, sempre spento ed accecato da quel velo bianco, riflette l’orrore vissuto, il totale scadimento di ogni regola umana.

La pioggia che inizia a scendere con forza rappresenta la purificazione, la ripresa della dignità perduta. Quelle donne che, nude e violate nella loro anima, danzano sotto la pioggia sono un messaggio di rinascita.

Spetta al lettore, dopo aver condiviso quel delirio più totale, scoprire se la luce ritornerà a dominare l’orizzonte umano.

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