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Recensione: La piscina delle mamme, di Filippo Gigante

La piscina delle mamme
La piscina delle mamme

Il nucleo centrale del romanzo “La piscina delle mamme”, di Filippo Gigante, è la seconda guerra mondiale, e più precisamente la storia di due giovani donne, entrambe scrittrici, che si pongono contro il regime sovietico e si trovano costrette a fuggire da Praga lasciando dietro di loro tutte le certezze e gli affetti, così come ciò che poteva essere il loro futuro. Ormai settantenni, Olga e Berta ripercorrono attraverso i ricordi la loro fuga dalla capitale dell’allora Cecoslovacchia nel 1968/69, le loro speranze e le loro paure, ma soprattutto ciò a cui erano state costrette a rinunciare per affrontare quel viaggio verso una terra completamente sconosciuta, l’Italia.

Già dalla prefazione si intuisce l’animo poetico dello scrittore, che conclude il testo con una raccolta di poesie e i relativi commenti dei lettori. Immortalare degli attimi con le parole è un percorso arduo, eppure Gigante dipinge perfettamente i suoi personaggi. Quando Olga e Berta parlano dei loro vicini, per esempio, le caratteristiche di ciascuno vengono delineate con cura, ricordando un po’ il lavoro dei macchiettisti del varietà.  Tra tutti mi è venuto subito in mente Raffaele Viviani, forse perché era un uomo in continua lotta per migliorare se stesso e il proprio lavoro, convinto che alla base di tutto ci fosse l’esperienza umana, la conoscenza degli altri. Olga e Berta, allo stesso modo, trovano nelle esperienze della gente che le circonda la possibilità di alleviare il dolore per la perdita dei loro cari e per ricordare il periodo della guerra come qualcosa di sempre presente, ma ormai – fortunatamente – lontano. Sempre con lo sguardo al passato, nel corso della loro vita le due donne non hanno mai più trovato il coraggio di prendere l’aereo e tornare a Praga, ma ora qualcosa le spingerà forse a volerci provare.

Marzia Giosa

Marzia Giosa è dottoressa in Arti e scienze dello spettacolo. Esperta di storia del teatro e di tutto ciò che appartiene alle arti performative, ha sviluppato il suo rapporto con la lettura in maniera trasversale attraverso i generi. Concilia il diavolo e l'acqua santa: ama i romanzi e i film del terrore quanto un testo di De Filippo, raccontare fiabe ai bambini quanto perdersi in un dialogo di Beckett. Cosa fa su MeLoLeggo? Recensisce libri, soprattutto quelli dalle note cupe e misteriose. Dice di non spaventarsi mai, ma stranamente non legge mai di sera...

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