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Bologna città rock – Intervista a Roberto Addeo su “La luna allo zoo”

La luna allo zoo è un romanzo di Roberto Addeo, giovane autore napoletano dato recentemente alle stampe con Il seme bianco, un libro ambientato a Bologna, con qualche flash nel sud Italia.

La luna allo zoo

A Bologna si svolgono gran parte le disavventure del protagonista, un immigrato meridionale nella città emiliana, alla ricerca di una lavoro e di una sicurezza economica, che non troverà.

Tra lavori precari, appartamenti in subaffitto, fidanzate del paesello e nuove compagne di città, vivrà surreali momenti bukowskiani, sognando un paese che non c’è più.

Il mito di Bologna, capitale di un centro Italia democratico, avanzato, godereccio, viene in parte demolito, ma proprio per questo sarebbe stato impossibile ambientare il romanzo altrove. Nell’epoca della globalizzazione, purtroppo non esistono più isole felici, ma un tempo ci sono state. Bologna era una di queste, è bene ricordarlo.

Ne abbiamo parlato con Roberto Addeo.

 La luna allo zoo è in gran parte ambientato a Bologna. Perché proprio Bologna? Poteva essere un’altra città italiana?

Se dovessi racchiudere il mio ultimo romanzo, La luna allo zoo, in un genere letterario preciso, sceglierei il “Realismo”, perché racconta la realtà quotidiana di un puntualizzato periodo storico, in questo caso il 2008, l’anno dell’ufficializzazione della crisi economica. Per lo stesso motivo ho scelto Bologna come sfondo per le disavventure di questo anti-eroe venticinquenne, unicamente per attenermi il più possibile alla realtà dei fatti.

Ho vissuto per dieci anni nel quartiere popolare della Bolognina, perché non potevo permettermi di trasferirmi in centro, essendo lì gli affitti molto salati. Trovo molto più semplice, quando scrivo una storia, attingere dal mio vissuto anziché inventarla interamente; quindi La luna allo zoo non poteva essere ambientato in un’altra città italiana.

Che rapporto hai con Bologna? C’è qualcosa che la rende unica per te? In positivo o meno…

Bologna è la città dove mi sono fatto le ossa; mi ha insegnato tanto. Per me rappresentava la città italiana democratica per eccellenza, quando mi trasferii. Ma purtroppo non ha quasi nulla degli sfarzi del passato; come la maggior parte delle città italiane, sta gradualmente perdendo la sua identità. Le osterie della Bologna partigiana, dove si trincava rum e si mangiava la pasta e fagioli collettiva, si giocava a carte e si cantavano canzoni di protesta, sono state sostituite dalle bottiglie di vino del discount, bevuto a casa di qualche amico, all’insegna del risparmio. Gli operai non possono permettersi più di bere nei locali suggestivi del Pratello. Intanto sotto i portici, simboli peculiari del capoluogo emiliano, che ti coprono dalla pioggia ma non ti riparano dal freddo, muoiono i disperati. Il cinismo della società moderna vuole omologare le persone a un unico modello sociale dominante, tagliando fuori, fino a farlo morire, chi non vuole o non riesce a farne parte. Questo sta succedendo a Bologna e sfortunatamente in tutto lo stivale.

A Bologna ci sono molti gruppi dell’indie-rock italico. Forse è la città italiana che ne ha di più. Come mai? Che rapporto hai con loro?

Ad essere sincero, non seguo molto i gruppi dell’indie-rock italico. Essendo nato nel 1982, mi sono formato con la musica rock proveniente dagli U.S.A. a partire dagli anni novanta. Sono cresciuto a pane e Nirvana, pane e Soundgarden, pane e Pearl Jam, e tutti i gruppi grunge di Seattle. Della scena Indie italiana, ammiro da sempre gli Afterhours. Ma non dobbiamo dimenticare che Bologna ha partorito gruppi come Il Santo Niente, Massimo Volume, Marta Sui Tubi e tanti altri. Diciamo che sono più legato ai dinosauri di questo genere e meno ai nuovi arrivati.

Il tuo romanzo ha qualche relazione con la musica indie-rock? A me pare di sì… forse per questo è ambientato in gran parte a Bologna?

Il mio romanzo ha sicuramente qualche relazione con la musica, anche e soprattutto per il ritmo cadenzato che ricerco con assiduità nella prosa, ma io ci trovo corrispondenze più accentuate con il punk-rock piuttosto che con l’indie-rock. Come il punk, i miei scritti, pur trattando di temi delicati e di denuncia, trasudano “urgenza” espressiva. Anche qui non dobbiamo dimenticare che Bologna, e l’Emilia in generale, è stata il più grande bacino italiano per la scena punk: CCCP e Skiantos su tutti.

Progetti futuri? Legati o meno alla città…

Sto ultimando una raccolta di racconti e spero di riuscire a pubblicarli a breve. Per quanto riguarda il futuro, citando Eugenio Montale, “ma in attendere è gioia più compita”.

Diego Alligatore

Diego Alligatore è critico rock del web dalla lontana estate del 2003, quando ha iniziato a scrivere di rock indipendente italico sul portale della nota agenda Smemoranda. Da allora non ha più smesso, intervistando e recensendo centinaia di gruppi dell'underground di casa nostra, oltre che su Smemoranda.it anche sul BLOG DELL'ALLIGATORE, su Frigidaire e Il Nuovo Male cartacei. A gennaio 2018 fonda con la sua compagna Elle L'ORTO DI ELLE E ALLI, sito di orto bio e culture alternative, cose curate insieme con passione autentiche. In tutti questi posti non ha mai dimenticato che anche la letteratura può essere rock, parlando con giovani scrittori italici, recensendone libri, incontrandoli in alcune presentazioni. Nel 2021 è uscito con Arcana il suo "Giovani, musicanti e disoccupati", libro di interviste a musicanti indipendenti durante il lockdown del 2020. Cosa fa su MeLoLeggo? Continuerà a cercare giovani autori, parlando con loro di buoni libri, perché la vita è troppo breve per sprecarla con cattive letture.

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