Recensioni

Mammiferi, di Pierre Merot

Mammiferi

Mammiferi è un titolo essenziale per un libro che cerca di esserlo. Protagonista è lo zio della voce narrante con cui talvolta si fonde, finendo per diventare un tutt’ uno.

Lo zio ha quarant’anni, è nato a Parigi ed è il “fallito della famiglia”, se si considera che “Ogni famiglia che si rispetti ha il dovere di avere un fallito”. Lo zio passa le nottate nei bar di Pigalle, non ha un’occupazione stabile, ma una serie infinita di relazioni instabili con donne altrettanto instabili, conseguenza dei due matrimoni falliti, il primo con una donna polacca, il secondo con Crudelia, donna masochista ed anaffettiva.

Lo zio non è apprezzato dalla sua famiglia e allo stesso tempo lo zio se ne tiene alla larga, soprattutto dalla madre, descritta come mammifero femminile, piovra castrante, che dopo averlo messo al mondo continua a considerarlo protuberanza delle sue ovaie.

A tutto questo il protagonista trova consolazione nell’alcool, decantato come poesia e sollievo.

Lo sguardo è pessimista ma il tono ironico, una copia sbiadita di Bukowsky o di Miller. E nonostante lo scetticismo e lo sguardo disincantato il protagonista non rinuncia a credere nell’amore come possibile soluzione di ogni male, se non fosse che poi l’amore sostanzialmente finisce al risveglio in una stamberga, con il mal di testa, accanto a una donna sconosciuta. E a quel punto la ricerca dell’amore ricomincia.

“Se capitate a Parigi, andate a Les Halles e prendete la scala mobile che scende nei sotterranei del Forum, quella più lunga, dalla parte del Beaubourg. Osservate le teste delle persone. Noterete una cosa. Vale esclusivamente per gli occidentali. Gli afro, gli arabi o gli asiatici non lo fanno. La cosa è che a a un certo punto, dopo essersi faticosamente trattenuti, per pudore o disillusione, girano lo sguardo e frugano con lo sguardo nella scala mobile che sale. Lo fanno quelli che scendono da soli, perché la persona che hanno aspettato per anni, pensano, potrebbe essere lì di fianco, che scorre e va, e quello sguardo il solo modo per trovarla prima che scompaia. Lo fanno quelli che scendono in compagnia, perfino se tengono la mano di qualcun altro, perché ciò che li accompagna davvero è il dubbio che esista una soluzione migliore al loro bisogno di affetto, partecipazione, sesso e il sesso è forse l’unica forma, pietosa o meno, che abbiamo trovato per dire qualcosa dell’amore”.

 

Gessica Franco Carlevero

Gessica Franco Carlevero a seconda dei periodi fa delle cose diverse. Tra quello che ha scritto sono stati pubblicati dei racconti e un romanzo che si intitola Metà guaro metà grappa. Poi fa un'attività di accompagnamento letterario legata al sito www.franco-carlevero.com, traduce romanzi e spettacoli teatrali francesi, e insegna italiano in un liceo di Marsiglia. Cosa fa su MeLoLeggo? Parla di libri che di solito non sono in cima alle classifiche. Va a cercare libri fuori catalogo, scova testi dimenticati o non scoperti. Ma anche, semplicemente, libri che le sono piaciuti.

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