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Latinoamericana. I diari della motocicletta, di Ernesto Che Guevara

Un meraviglioso viaggio da compiere con un compagno d’eccezione: Ernesto Che Guevara.

Latinoamericana
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Latinoamericana. I diari della motocicletta, di Ernesto Che Guevara (Mondadori, con traduzione di Pino Cacucci e Gloria Corica), racconta il viaggio di sette mesi compiuto da due giovani argentini ⁠— Ernesto Guevara de la Serna e Alberto Granado ⁠— attraverso tutta l’America Latina verso la fine del 1951.

All’epoca, il Che è ancora un semplice ventiduenne, studente della facoltà di medicina, mentre Alberto è un giovane biochimico di sette anni più grande che lavora in un ospedale locale. Il mezzo scelto dai due è una moto ribattezzata arditamente la Poderosa.

Questo viaggio avventuroso su di una vecchia motocicletta, a respirare la polvere delle strade bianche con indosso pochi vestiti malmessi e tanta curiosità, si trasformerà per il giovane studente di medicina un po’ scapestrato in un’esperienza che lo trasformerà in un uomo, cambiandolo per sempre.

Le tappe principali del viaggio prevedono la partenza da Buenos Aires alla volta della Patagonia, il passaggio attraverso il Cile e la cordigliera delle Ande, il Perù con il paesaggio mozzafiato di Machu Picchu e la sosta presso il lebbrosario di San Pablo, e infine la penisola della Guajira in Venezuela.

Ben presto i due giovani si rendono conto che la Poderosa non è il mezzo adatto a un viaggio così lungo e impegnativo. Le pessime condizioni stradali di alcuni tratti mettono a dura prova la motocicletta e la prima parte del viaggio si svolge all’insegna di rovinose cadute e con condizioni meteorologiche difficili. Dopo una strenua resistenza ⁠— e numerose riparazioni operate da Alberto col “magico” fil di ferro ⁠— la Poderosa abbandona i due ragazzi, costringendoli a proseguire a piedi o con i più disparati mezzi di fortuna, con pochi soldi in tasca e senza un posto dove alloggiare.

I due iniziano a vivere alla giornata, cercando ospitalità come medici presso le cittadine che incontrano lungo il cammino. I loro giorni trascorrono tra partite di calcio, bevute di mate e nottate insonni per Ernesto, alle prese con croniche crisi di asma.

Il viaggio prosegue tra avventure rocambolesche, paesaggi meravigliosi descritti con maestria e poesia dallo stesso Guevara e incontri istruttivi con la popolazione locale spesso oppressa, sfruttata e rassegnata.

Dopo aver conosciuto molte persone nuove e posti magnifici e incontaminati, Ernesto e Alberto raggiungono quella che sarà la tappa più significativa del loro viaggio: il lebbrosario di San Pablo (Perù) gestito dal dottor Bresciani. Quello che distingue questo luogo dagli altri lebbrosari visitati in precedenza è il modo in cui sono state collocate le persone. Il lebbrosario, infatti è diviso in due parti da un fiume: da un lato vivono i medici, dall’altro i malati di lebbra. Questa separazione dei sani dai malati viene percepita come metafora del Sudamerica, un continente suddiviso tra gente ricca che tende ad arricchirsi ulteriormente attraverso lo sfruttamento della gente povera, e gli sfruttati, gli ultimi tra gli ultimi.

La visita a questo luogo permette al giovane Guevara di osservare la miseria e la povertà del popolo latinoamericano, iniziando ad analizzare gli infausti effetti dei sistemi economici in essere e a cogliere l’importanza di ambire alla creazione di un mondo più equo. Proprio in quel luogo, a San Pablo, in occasione del brindisi per il suo ventiquattresimo compleanno, Guevara pronunzierà un discorso che lascerà tutti sorpresi.

“Vorrei aggiungere qualcosa che esula un po’ dal tema di questo brindisi. Anche se può sembrare presunzione eleggersi ambasciatori di una causa tanto nobile e importante, crediamo tuttavia — e questo viaggio ha rafforzato la nostra convinzione — che la divisione del Sudamerica in diverse nazioni è falsa, è illusoria e completamente fittizia. Costituiamo un’unica razza meticcia dal Messico, fino allo stretto di Magellano. Quindi, nel tentativo di liberarmi dalle strettoie dei confini nazionali, io brindo al Perù, e all’America unita.”

Quei sette mesi di avventure fanno sì che in Ernesto Guevara si smuova qualcosa, qualcosa che darà inizio alla sua trasformazione nel rivoluzionario conosciuto in tutto il mondo: il comandante Che Guevara.

Durante il viaggio Ernesto raccoglie appunti e, una volta rientrato, li riordina in un diario diventato ormai un libro di culto, letto e amato da più di una generazione.

Le pagine di questo diario contengono i mille volti dell’America, la miseria degli Indios e la folgorante bellezza del paesaggio; soprattutto, raccontano il desiderio di conoscere, la sete di avventura e conoscenza, un’inconsapevolezza mista a incoscienza, una combinazione di emozioni che solo due ragazzi di vent’anni possono avere.

Le annotazioni di Ernesto sono quelle di un ragazzo tanto spontaneo quanto critico e intelligente che, riflettendo sulla propria esperienza, afferma: “quel vagare senza meta per la nostra ‘Maiuscola America’ mi ha cambiato più di quanto credessi”.

Leggendo le pagine di questo diario, la sensazione è quella di trovarsi accanto al protagonista mentre compie il suo viaggio attraversando villaggi, boschi, montagne, o mentre trascorre la notte all’addiaccio. È un Guevara inedito che cambia proprio lungo il corso di questo suo peregrinare, dopo aver visto con i propri occhi le condizioni in cui versava in quel periodo il Sudamerica e il suo popolo. Il suo è il racconto della trasformazione che lo ha portato a diventare il comandante rivoluzionario che ha scritto pagine indelebili della storia contemporanea.

Latinoamericana. I diari della motocicletta è un libro consigliato a tutti: a chi vuole conoscere la storia del giovane Guevara prima che fosse consegnato alla storia come un mito, a chi vuole capirne le origini e le motivazioni, a chi vuole approfondire i suoi legami col territorio e comprendere il contesto storico-sociale dell’America Latina di quegli anni. È un libro consigliato anche a chi, come me, desidera vivere quella sensazione di leggerezza e spensierata libertà che solo un viaggio del genere può trasmettere: la magia delle Ande, l’accoglienza dei popoli sudamericani, le abitudini e i costumi di popoli lontani segnati dall’aggressione colonialista.

Quella di Latinoamericana. I diari della motocicletta è un’avventura semplice e romantica che allo stesso tempo fa riflettere sulle conseguenze delle disparità economiche e sugli squilibri creati dal colonialismo e dallo sfruttamento capitalistico ai danni delle nazioni più deboli del Sudamerica.

Salvatore Chianese

Salvatore Chianese è sociologo e vive e lavora a Napoli. Soffre di svariate “malattie artistiche”, in particolare una mania ossessivo compulsiva per la lettura, la musica e il cinema. Sin da bambino è attratto dal mondo dell’occulto, del mistero e dell’horror. È cresciuto ascoltando la musica dei Queen, per poi innamorarsi di Led Zeppelin, Black Sabbath, Metallica, Iron Maiden, Y.J. Malmsteen… insomma tutto il rock hard and heavy. Nutre una venerazione per Stephen King e E.A. Poe. Le letture che hanno segnato la sua esistenza sono Dracula di Bram Stoker, Il fuggiasco di Carlotto e Il conte di Montecristo di Dumas. Adora viaggiare, mangiare (tanto e bene) e l’isola di Cuba, la perla dei Caraibi. Cosa fa su MeLoLeggo? Legge, recensisce, critica ma, soprattutto, cerca di sedare le frequenti crisi di astinenza da libri.

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