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Recensione: Ultime notizie dal Sud, di Luis Sepúlveda

Ultime notizie dal Sud
Ultime notizie dal Sud

Chissà perché, quando penso alla Patagonia, alla Terra del Fuoco, vedo e sento davanti a me qualcosa di più di semplici sterminate distese di terreno, a un passo dal cielo, un orizzonte lontano in cui il chiarore delle rade nuvole e il brunito del suolo sono così vicini da sembrare dei gemelli siamesi?

Forse la colpa è mia, della mia inguaribile vena romantica quando sento parlare di luoghi lontani? Oppure io non c’entro nulla e il mio è solo uno stato emotivo indotto dall’abilità fascinosa di un certo modo di raccontare le cose? La cosa più probabile è che la risposta sia lì, giusto nel mezzo, e che io ogni volta riesca a finirci giusto dentro.

Il grande potere evocativo di siffatti luoghi emerge vivo e potente ogni volta che a parlarmene è Luis Sepúlveda. Leggo ciò che scrive il cileno e mi ritrovo dentro ogni metro di terra percorso, ogni folata di vento, ogni filo d’erba selvaggiamente scosso dalla furia degli elementi.

Come dice lo scrittore in un breve passaggio:

Le nuvole erano così basse che si potevano toccare. Scendendo una collina ci entrammo dentro, l’automobile fu circondata da una fitta cortina di nebbia, perdemmo l’orientamento e il caso ci fece lasciare la strada che collega El Bolsom a El Maitén e prendere un sentiero. In Patagonia sostengono che fare dietrofront e tornare indietro porti sfortuna, perciò ligi alle usanze del luogo andammo avanti, perché il nostro destino è sempre avanti e alle spalle dobbiamo avere solo la chitarra e i ricordi.”

Ultime notizie dal Sud è un testo sulla decadenza di un mondo che già oggi non è più come venne descritto, quando a intraprendere il viaggio da cui tutto nacque furono due amici, Luis Sepúlveda e il fotografo Daniel Mordzinski, autore delle splendide immagini che corredano il racconto.

Nel 1996, a Parigi, i due pianificarono un viaggio alla (ri)scoperta di uno dei confini del mondo, una terra di cui già altrove il buon Luis ha cantato il proprio perduto innamoramento.

Armati di zaini, Moleskine e Leica, i due si sono messi alla ricerca (volontaria e non) di storie, gente e dettagli da cui trasparisse l’essenza di quel mondo. Un mondo fatto di solitudine, magia, ebbrezza, vento, leggenda.

L’ideale per un viaggio. Ciò che chiunque lasci temporaneamente la propria casa vorrebbe vedere (forse). Questo viaggio ha portato i due a vivere la crudezza di una terra e assaporare scampoli della vita e dei ricordi dei pochi sopravvissuti di epoche passate.

I personaggi descritti, se si vuole anche con il giusto tocco romanzato che non guasta mai, sono notevoli, bislacchi, particolari ma tutti inequivocabilmente magici.

Luis Sepúlveda
Luis Sepúlveda

I racconti si succedono facendoti venir la voglia di incontrare quella gente, per poi realizzare quanto ciò non sia più possibile.

Un liutaio (Tano) che si sposta nelle giornate ventose alla ricerca del legno più adatto per il proprio violino, una vecchietta che vive sola da anni ed ha il dono di rendere fertile e vivo tutto ciò che tocca, un ubriaco che sostiene di essere un discendente di Davy Crockett, l’ultimo viaggio su un treno che appartiene solo ai ricordi della gente e la storia di Coquito, un bizzarro folletto sempre alla ricerca di un cicchetto. Non possono mancare i leggendari gauchos o le tracce di Butch Cassidy e Sundance Kid, ma tutto il libro è un susseguirsi di magica composizione e immagini nitide e allo stesso tempo sfumate nel tempo.

Sepúlveda, che parli di gatti e gabbianelle o rivolga lo sguardo nostalgico verso il Sudamerica, è bravo. Ma bravo davvero (cosa scontata da dire ma mi piace ribadirlo).

La conferma è stata la sua abilità nel prendere i miei occhi e i miei sensi e portarli in viaggio, in quelle terre lontane che non ho mai visitato, se non nei panni di Sepúlveda (e di un certo Chatwin, in precedenza).

E, concludendo, cito un altro passaggio del libro, l’essenza dello stesso:

Nulla di quanto abbiamo visto è ancora come lo avevamo conosciuto. In qualche modo siamo i fortunati che hanno assistito alla fine di un’epoca nel Sud del Mondo. Di quel Sud che è la mia forza e la mia memoria. Di quel Sud a cui mi aggrappo con tutto il mio amore e tutta la mia rabbia. Ecco perché queste sono Le ultime notizie dal Sud.”

Enzo D'Andrea

Enzo D’Andrea è un geologo che interpone alle attività lavorative la grande passione per la scrittura. Come tale, definendosi senza falsa modestia “Il più grande scrittore al di qua del pianerottolo di casa”, ha scritto molti racconti e due romanzi: “Le Formiche di Piombo” e "L'uomo che vendeva palloncini", di recente pubblicazione. Non ha un genere e uno stile fisso e definito, perché ama svisceratamente molti generi letterari e allo stesso tempo cerca di carpire i segreti dei più grandi scrittori. Oltre che su MeLoLeggo, scrive di letteratura sul blog @atmosphere.a.warm.place, e si permette anche il lusso di leggere e leggere. Di tutto: dai fumetti (che possiede a migliaia) ai libri (che possiede quasi a migliaia). Difficile trovare qualcosa che non l’abbia colpito nelle cose che legge, così è piacevole discuterne con lui, perché sarà sempre in grado di fornire una sua opinione e, se sarete fortunati, potrebbe anche essere d’accordo con voi. Ama tanto la musica, essendo stato chitarrista e cantante in gruppi rock e attualmente ripiegato in prevalenza sull’ascolto (dei tanti cd che possiede, manco a dirlo, a migliaia). Cosa fa su MeLoLeggo? cerca di fornire qualcosa di differente dalle recensioni classiche, preferendo scrivere in modo da colpire il lettore, per pubblicizzare ad arte ciò che merita di essere diffuso in un Paese in cui troppo spesso si trascura una bellissima possibilità: quella di viaggiare con la mente e tornare ragazzi con un bel libro da sfogliare.

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