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In libreria: Canti di Pentecoste, di Eino Leino. Traduzione a cura di Marcello Ganassini di Camerati

Canti di Pentecoste

Testamento spirituale del maggiore poeta finlandese, i Canti di Pentecoste, raccolta di ballate, leggende e miti, sono le tappe di un viaggio in un immaginario intimo e primitivo e un maestoso sforzo poetico di sintesi tra coscienza europea, tradizione balto-finnica e simbolo universale. Redatti in due tomi (1903 e 1916) ed ispirati alle “cerimonie liriche di Pentecoste” o helkajuhla di Ritvala, rito pagano della fertilità permeato da elementi del cristianesimo medioevale, i ventinove poemi vengono integralmente proposti per la prima volta al lettore italiano in edizione filologica corredati di altrettante glosse a cura dei Professori Emeriti Teivas Oksala e Tuomo Pekkanen.

Approfondimento sull’opera a cura del traduttore Marcello Ganassini di Camerati

Suddiviso in due tomi, il primo redatto nel 1903 e il secondo nel 1916, il corpus degli helkavirsiä o ”canti di Pentecoste” costituisce la vetta più alta della produzione poetica di Leino, suggestivo risultato di un processo di “costruzione dell’immaginario” da un lato e dall’altro vero e proprio canto del cigno di una tradizione orale impregnata di simboli cristiani e pagani che già nelle compilazioni Kanteletar (1840) e Kalevala (1849) di Elias Lönnrot aveva trovato la sua autorevole collocazione nella letteratura mondiale.

Lo spunto dell’opera è costituito dalla tradizione della helkajuhla (“festa di Pentecoste”) o helkalauanta (“canto di Pentecoste”). Fino a tempi recenti nel villaggio di Ritvala presso Sääksmäki (Pirkanmaa) la domenica di Pentecoste si snodava un corteo costituito da due file di vergini in processione che si riunivano su un’altura (helkavuori) per formare una figura che ricordava quella del sole. Le giovani intonavano i versi di tre ballate d’origine medievale, Mataleenan virsi (il canto di Maria Maddalena), Inkerin virsi (il canto di Inkeri) e Annikaisen virsi (il canto di Annikki), ricche di elementi storici e folkloristici frutto di un marcato sincretismo tra figure del paganesimo e del cristianesimo. Al termine della solenne cerimonia cui veniva attribuito un valore votivo le vergini rivolgevano un saluto a Gesù e alla Vergine Maria: si riteneva che la fertilità della terra e il successo del raccolto alla fine dell’estate dipendessero dalla buona riuscita di tale coreografia sacra.

Il materiale della tradizione orale sviluppatasi attorno alla helkajuhla è stato sistematicamente raccolto nella prima metà dell’Ottocento da Elias Lönnrot e Carl Axel Gottlund e ha fornito all’autore immagini e suggestioni alla base di questa raccolta di “poemi della razza”, ricostruzioni immaginifiche di un’“antichità balto-finnica”, cattedrale della memoria collettiva che ha nelle figure della mitologia universale le sue fondamenta. All’argomento nietzschiano dell’uomo libero creatore di simboli è coniugato metodo, processo poietico e vis poetica della letteratura fantasy che tanto ha guardato al linguaggio del mito finnico (Tolkien). Poemi quali Ukri o Ylermi sono il grido accorato dell’Übermensch che nel silenzio del mondo in rovina sacrifica sé stesso e i proprî ideali sull’altare della hybris, insondabile forza gravitazionale che lo tiene schiacciato sotto l’ordine del cosmo. Dietro alla minuziosa ricostruzione di un’“etica pagana” opposta al moralismo del pensiero positivo e alla rassegnazione dell’uomo moderno di fronte alla deriva immanente dei propri valori si staglia netta la concezione di un cristianesimo dell’origine, organico e puro, potremmo dire cataro, che proprio nel Settentrione Orientale ha trovato espressioni tanto nitide ed efficaci, contributo imprescindibile alla coscienza culturale europea.

L’opera è già tradotta in ungherese (Tavaszünnepi dalok, Finn balladák, Gyula Zolnai, 1914), estone (Helkalaulud, August Annist, 1922), tedesco (Helkalieder, Hans-Erwin von Hausen e Greta Otalampi, 1943), svedese (Helkasånger, Thomas Warburton, 1963), inglese (Whitsongs, 1978, Keith Bosley), polacco (Kantyczki, Jerzy Litwiniuk, 1984) e latino (Carmina Sacra, Tuomo Pekkanen, 2003). Si tratta di un titolo ancora inedito in Italia: fatta eccezione per le versioni svedese e latina la presente costituisce l’unica traduzione integrale di entrambi i tomi.

Il testo originale ripropone la metrica in uso nella lirica balto-finnica, l’ottonario trocaico con allitterazione e frequente cesura. L’autore ha tuttavia apportato alcuni elementi estranei alla metrica tradizionale come l’alterazione tra unità del verso e unità sintattica (enjambement), la frequente deroga al parallelismo stilistico e fenomeni di anisosillabismo, accorgimenti volti per lo più ad avvicinare la poesia al gusto europeo. La presente traduzione in ottonari e decasillabi costituisce una versione la più fedele al testo originale ed a tutti i suoi aspetti stilistici e morfologici come i fenomeni di allitterazione e verso spezzato.

L’autore. Eino Leino (alias Armas Einar Leopold Lönnbohm, 1878 – 1926) è considerato una delle personalità che più hanno influenzato la cultura dell’’Europa Settentrionale di inizio Novecento. Alla vasta produzione poetica (tra le opere di maggior rilievo Notte d’Inverno, 1905, Il re di Carelia, 1917, Bellerofonte, 1919) si aggiunge quella drammaturgica (Guerra per la luce, 1900, Kalevala in scena, 1911) e importanti opere di prosa (Tuomas Vitikka, 1906, Sotto il volto dell’onnipotente, 1917).

Il traduttore. Uralista e filologo, Marcello Ganassini di Camerati ha tradotto autori finlandesi contemporanei e curato la prima edizione filologica del Kalevala, poema epico compilato da Elias Lönnrot.

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