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Recensione: Il collezionista delle piccole cose, di Jeremy Page

Il collezionista delle piccole cose
Il collezionista delle piccole cose

Quando non avremo altri orizzonti davanti a noi, ci troveremo davanti al limite. Quella sottile linea ci separerà dall’abisso o dal sogno, e il passaggio non sarà indolore.
Non si tratta solo di un passaggio materiale attraverso limiti geografici concreti, ma anche di un’introspezione profonda e dolorosa per capire fin dove si può spingere l’animo umano, lanciato in un viaggio che solo per alcuni si concluderà con un ritorno.

1845, porto di Liverpool. Eliot Saxby, un naturalista che colleziona uova, reperti naturalistici e altre piccole cose rare o quasi introvabili, viene pagato da influenti amici per imbarcarsi su un vecchio brigantino a tre alberi, l’Amethyst. Scopo del viaggio è la ricerca di reperti di esemplari di alca impenne, un uccello dato per estinto e le cui ultime tracce si perdono nella foschia che avvolge un’isola disabitata al largo dell’Islanda. La destinazione del brigantino è l’Artico, dove il capitano Kelvin Sykes conta di rifornirsi di materiale vario da poter tramutare in moneta sonante, spesso il suo vero cruccio.

A bordo, oltre al mite e spaurito Eliot, viaggeranno esemplari di un’umanità strana, sfuggente e piena di interrogativi. In particolare troveremo Edward Bletchley, un giovane imbarcatosi per dare la caccia agli animali artici, e la sua compagna di viaggio, una misteriosa ragazza che suscita visioni e riporta a galla vecchi ricordi e angoscianti pensieri nella mente di Eliot, che si scoprirà non essere mai del tutto serena.

Infatti, anche tra i membri dell’equipaggio ci sono tante di quelle tare e di quelle miserie dell’animo da far sì che ognuno di essi abbia il proprio armadio colmo di scheletri. Come scrive lo stesso Autore: “Mi resi conto di essermi imbarcato in un viaggio pieno di misteri, alcuni alla mia portata, altri oscuri e impenetrabili come l’Oceano oltre il parapetto”.

Sullo sfondo, la tragedia degli animali dell’Artico, foche, trichechi, orsi,  uccelli, balene, trucidati per ricavarne barili d’olio, grasso e penne, per rinverdire un commercio attivo in quei tempi, quando i mari artici non venivano più visti come mete di conquista scientifica ma come luoghi di saccheggio, al di là di ogni ragionevole limite imposto dalla natura e dal buonsenso.

Ed è proprio la Natura con la “enne” maiuscola la vera protagonista della bella storia che Page, dotato scrittore già sceneggiatore e editor per la BBC e per Channel4, narra con maestria encomiabile.

I potenti tratteggi e la lirica sicura e calibrata, uniti alla densa rappresentazione dell’atmosfera del tempo, trascinano il lettore a bordo del malandato brigantino, facendogli provare gli scricchiolii del tavolato del ponte, assaporare la brezza del freddo nord, le foschie e l’ondeggiare selvaggio quando si scatena la tempesta e solo Dio si interpone tra la tragedia e un altro giorno in questo malandato mondo.

Una prova di gran maestria da parte di uno scrittore che ha riportato l’atmosfera e il sapore di altri tempi, mescolando una trama di passioni, desideri, vigliaccherie e aspirazioni, angosce e stupidità umana. Il ritratto dell’umanità che emerge è impietoso, poiché la brama e il desiderio oscurano la ragione isolando ogni individuo e rendendolo simile solo a se stesso.

Page ha saputo trovare l’intonazione e lo stile dei grandi scrittori dell’Ottocento, creando un vigoroso intreccio psicologico e materializzando paure e sentimenti con gran sagacia.

 Il suo scopo è stato, a mio modesto avviso, pienamente raggiunto. E scusate se è poco.

Enzo D'Andrea

Enzo D’Andrea è un geologo che interpone alle attività lavorative la grande passione per la scrittura. Come tale, definendosi senza falsa modestia “Il più grande scrittore al di qua del pianerottolo di casa”, ha scritto molti racconti e due romanzi: “Le Formiche di Piombo” e "L'uomo che vendeva palloncini", di recente pubblicazione. Non ha un genere e uno stile fisso e definito, perché ama svisceratamente molti generi letterari e allo stesso tempo cerca di carpire i segreti dei più grandi scrittori. Oltre che su MeLoLeggo, scrive di letteratura sul blog @atmosphere.a.warm.place, e si permette anche il lusso di leggere e leggere. Di tutto: dai fumetti (che possiede a migliaia) ai libri (che possiede quasi a migliaia). Difficile trovare qualcosa che non l’abbia colpito nelle cose che legge, così è piacevole discuterne con lui, perché sarà sempre in grado di fornire una sua opinione e, se sarete fortunati, potrebbe anche essere d’accordo con voi. Ama tanto la musica, essendo stato chitarrista e cantante in gruppi rock e attualmente ripiegato in prevalenza sull’ascolto (dei tanti cd che possiede, manco a dirlo, a migliaia). Cosa fa su MeLoLeggo? cerca di fornire qualcosa di differente dalle recensioni classiche, preferendo scrivere in modo da colpire il lettore, per pubblicizzare ad arte ciò che merita di essere diffuso in un Paese in cui troppo spesso si trascura una bellissima possibilità: quella di viaggiare con la mente e tornare ragazzi con un bel libro da sfogliare.

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