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Recensione: Anna Édes, di Dezsö Kosztolányi

Anna Édes
Anna Édes

Mentre l’Europa economica e politica offre incertezze, qualcuno prova a renderla unita con la letteratura. Così mentre l’Ungheria contemporanea sta attraversando un momento politico buio e poco detto, è evidente la necessità della pubblicazione del romanzo “Anna Édes” di Dezsö Kosztolányi, traduzione di Andrea Rényi e Mόnika Szilágyi, Edizioni Anfora.

Dezsö Kosztolányi è uno dei più grandi scrittori ungheresi del primo Novecento, amato da Sándor Márai, seguito con entusiasmo da Thomas Mann. 

Kosztolányi dà inizio al romanzo con la fuga di Béla Kun che lascia Budapest e la caduta dei Rossi per passare poi a descrivere la vita e le abitudini sociali degli abitanti del quartiere borghese Krisztina a Buda dove padroni e serve conservano ruoli, cedimenti e cattivi presagi. Le vicende private dei personaggi principali accompagnano eventi storici determinanti: l’ultimo giorno della Comune, l’occupazione di Budapest da parte dell’esercito rumeno, l’entrata a Budapest di Miklós Horthy, la firma del Trattato del Trianon.

La signora Vizy, moglie di un consigliere ministeriale, cerca la cameriera sognata, che non rubi, soprattutto, che non sia individuo autonomo, che non abbia nessuna esigenza oltre quella di servirla al meglio. Il portiere del condominio, altra figura perfettamente narrata nella sua vocazione principale di seguire il vento più forte, le presenta sua nipote Anna Édes (édes in ungherese significa dolce).

La diciannovenne Anna diventa il sogno incarnato della incontentabile e avara signora Vizy. Sa produrre lavoro e pare le interessi solo questo. Sembra nata per accontentare le esigenze della signora, non ha grilli per la testa, non ruba. Non chiede.

La macchina familiare può procedere con il lavoro altrui che la alimenta, non ci sono distrazioni. Vizy può essere invidiata mentre conduce una vita immersa nell’assenza dell’attenzione dell’altro. Anna rinuncia addirittura a sposarsi e conferma il sogno di Vizy. La richiesta erotica di Jancsi, il nipote della padrona, ospite temporaneo degli zii, in fondo partecipa ai suoi compiti. La descrizione attenta degli incontri sessuali tra serva e padrone sono l’ennesimo monito del romanzo alla nostra contemporaneità. Eppure di Anna il lettore non sa: non coglie cosa la anima, i misteri dei suoi meccanismi in apparenza semplici. Forse l’unico dato è la lontananza dalla passione che poi la raggiungerà violenta, in un crescendo di gesti, di vortice inatteso.

Questo romanzo di grande valore, che preferisce in ogni pagina l’impressionismo alla retorica, ci annuncia e non svela il mistero dell’esplosione sottesa dei fatti privati e storici. La tensione, in apparenza distante, ci avverte che in ogni possibile apparenza antalgica si cela l’esplosione minuziosa del presente come nella disgregazione notissima della sequenza di Zabriskie Point.

Patrizia Rinaldi

Patrizia Rinaldi è una scrittrice italiana che vive e lavora a Napoli. È laureata in Filosofia e si è specializzata in scrittura teatrale con Francesco Silvestri. Ha partecipato a progetti didattici diretti da Maria Franco presso l’Istituto Penale Minorile di Nisida; cura incontri di lettura e scrittura per ragazzi.

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