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Il disco rotto. 33 rivoluzioni, di Canek Sánchez Guevara

Una lucida testimonianza della disillusione di una generazione che ha creduto negli ideali rivoluzionari ma è stata costretta a fare i conti con la mancanza di libertà

Il disco rotto
Il disco rotto

Prima di parlare del libro credo sia doveroso soffermarsi sull’autore, Canek Sánchez Guevara, nipote di Ernesto ‘Che’ Guevara, figlio della figlia Hildita che il Che aveva avuto dalla prima moglie Hilda e morto nel 2015 a soli 40 anni dopo un intervento chirurgico al cuore. Riguardo alla presenza del Che nella sua vita, lo scrittore affermò: «Ammiro il suo internazionalismo e il suo spirito d’avventura, di cui senza dubbio mi sono nutrito anch’io. Il Che è morto come è vissuto… lottando per quello che credeva giusto e con i metodi che riteneva giusti».

Il disco rotto. 33 rivoluzioni è un romanzo che Canek scrisse nel corso di 7 anni, iniziato nel 2007 in Francia e terminato in Messico nel 2014. Il libro è stato poi pubblicato contemporaneamente in Europa, Sud America, Asia e Nord America.

Protagonista è un cubano figlio di una coppia che aveva aderito appassionatamente alla rivoluzione che, grazie al piacere della lettura, inizia ad aprire gli occhi e a scoprire la differenza tra la realtà e gli slogan del partito che ogni giorno ripetono le stesse promesse. Il grigiore dell’ufficio, la monotonia del lavoro che viene eseguito in maniera ripetitiva e alienante, il malfunzionamento di ogni cosa, il sudiciume: tutto si ossessivamente, come se la realtà fosse un disco rotto. Perfino il clima è sempre lo stesso: caldo e soffocante.

L’unico suo conforto proviene dall’amica-amante russa del nono piano che lo rifornisce di moneta straniera e che può fare acquisti nelle diplotiendas, i negozi statali riservati ai funzionari del governo e agli stranieri residenti a Cuba. In contrasto, sempre più spesso si trova ad assistere alla partenza di gruppi di giovani su zattere improvvisate e a manifestazioni spontanee di dissenso che immortala con la sua macchina fotografica.

Finché un giorno prende la parola in un’assemblea dove espone pubblicamente il suo dissenso e dichiara in maniera decisa di non essere disposto a fare la spia. E da quel momento le cose cambiano…

Il disco rotto è un libro di poche pagine che si legge tutto d’un fiato. L’incipit molto significativo descrive un ciclone che investe Cuba con tutta la sua potenza, che si rifà in maniera quasi circolare al tragico epilogo del romanzo. Tutta la narrazione è incentrata sulla ripetizione ossessiva: la vita, la politica, la miseria, la morte… tutto non è altro che un disco rotto.

Fin dall’inizio del romanzo si viene inghiottiti dallo scoramento e dalla disperazione, perché Cuba è un disco rotto, niente cambia più a Cuba. Mentre il leader máximo ripete sempre le stesse cose, perché questa è Cuba, Cuba che è come un disco rotto, Cuba non può sperare in un cambiamento, Cuba è governata dall’uomo che l’ha salvata dalla dittatura di Batista e che ha finito per diventare lui stesso un dittatore.

Con l’aumentare della sua consapevolezza, il protagonista sente sbiadire il ricordo delle lotte passate, di quando suo padre si era unito ai barbudos, e cresce in lui l’insoddisfazione, la stessa che provano tanti altri come lui, altrettanto delusi dalle promesse non mantenute e per i sogni mai realizzati dalla rivoluzione castrista. Rimane soltanto lo spettacolo tragico dei disperati che allestiscono imbarcazioni di fortuna pur di lasciare l’isola.

Lo stile della narrazione, tutto in terza persona, rende l’atmosfera quasi onirica, anche se si tratta di vicende che appartengono alla realtà quotidiana. Il linguaggio utilizzato non è mai brutale, anzi si percepisce chiaramente in ogni pagina l’amore travagliato di Sánchez Guevara per quest’isola. Tra le righe, invece, trapelano la rabbia e lo sdegno impotente di chi vorrebbe raccontare una storia diversa da quella che sta scrivendo.

Con la morte di Fidel Castro si è chiusa un’epoca. Impossibile rimanere indifferenti di fronte alla morte di un uomo diventato un simbolo. Qualcuno afferma che con lui sia morta anche l’ultima utopia, ma forse questo è avvenuto molti anni prima, quando tutti quelli che avevano esultato e sperato nel mito della rivoluzione da lui guidata, come Canek Sánchez Guevara, si erano resi conto che qualcosa non aveva funzionato….

Salvatore Chianese

Salvatore Chianese è sociologo e vive e lavora a Napoli. Soffre di svariate “malattie artistiche”, in particolare una mania ossessivo compulsiva per la lettura, la musica e il cinema. Sin da bambino è attratto dal mondo dell’occulto, del mistero e dell’horror. È cresciuto ascoltando la musica dei Queen, per poi innamorarsi di Led Zeppelin, Black Sabbath, Metallica, Iron Maiden, Y.J. Malmsteen… insomma tutto il rock hard and heavy. Nutre una venerazione per Stephen King e E.A. Poe. Le letture che hanno segnato la sua esistenza sono Dracula di Bram Stoker, Il fuggiasco di Carlotto e Il conte di Montecristo di Dumas. Adora viaggiare, mangiare (tanto e bene) e l’isola di Cuba, la perla dei Caraibi. Cosa fa su MeLoLeggo? Legge, recensisce, critica ma, soprattutto, cerca di sedare le frequenti crisi di astinenza da libri.

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