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A tu per tu con lo scrittore Francesco Muzzopappa

Sabato 19 Settembre si è svolto, presso la libreria BeBook di Saronno, l’incontro con Francesco Muzzopappa, autore dei pregevoli romanzi Affari di Famiglia e Una posizione scomoda, nonché ideatore del giornale per ragazzi Scottecs Magazine. Gabriele Scandolaro lo ha intervistato per voi. 

Francesco Muzzopappa insieme a Gabriele Scandolaro
Francesco Muzzopappa e Gabriele Scandolaro

Chi è Francesco Muzzopappa?

Mi piace definirmi un lettore vorace, anzitutto.

Quando e perché hai iniziato a scrivere?

Alle superiori riempivo quadernoni di idee e appunti. All’università scrivevo parodie dei dialoghi di Platone. Poi racconti sempre più lunghi. Da lì non mi sono più fermato. Scrivo perché a voce certe cose non riesco a dirle.

Affari di famiglia: come ti è venuta in mente la trama per questo libro?

Il più grande regalo che mi fa la scrittura è permettermi di vivere altre vite. Avevo il desiderio di raccontare la crisi economica attraverso una voce sarcastica e distaccata. La contessa Maria Vittoria Dal pozzo della Cisterna è nata per scoccare dardi satirici alla società che ci attraversa. La trama paradossale (un auto-rapimento per recuperare gli averi di famiglia normalmente sperperati da un figlio idiota) mi consente, per l’appunto, di camminare agevolmente tra stereotipi moderni della nostra Italia, seppur portati all’iperbole.

Come sono nati questi personaggi così curiosi?

Mi è bastato guardarmi attorno. Quasi tutti i personaggi sono parodie o semplici allusioni ai mostri che ci circondano, in tv come per strada. Personaggi da commedia che rendono le vicende della contessa divertenti e la nostra vita, in parte, più grottesca.

Qual è il personaggio che hai trovato più difficile da scrivere?

Maria Vittoria, la protagonista. È proprio altro da me: sessantottenne, vedova, torinese, snob, aristocratica, madre di un figlio completamente idiota. Una bella sfida.

Una posizione scomoda, invece, quando nasce? Come è venuta l’ispirazione?

Avevo da parte delle recensioni di film porno (delle pellicole hard descrivevano non le azioni ma i sentimenti, un esperimento di satira e surreale portato agli estremi). Mi è bastato pensare a una trama tragicomica che le mettesse insieme in maniera incidentale. Nel romanzo, infatti, il porno è – paradossalmente – quasi sottotraccia rispetto alla vicenda narrativa principale: il riscatto di un giovane sceneggiatore animato da un sogno alto e disperato.

Francesco Muzzopappa
Francesco Muzzopappa

Quanto c’è di te stesso nei tuoi personaggi?

Amo i falliti. Amo partire dai perdenti, perché è uno stato da cui tutti passano prima o poi. Io per primo: la sensazione di raschiare il fondo, di sentirsi in un pozzo da cui è impossibile fuggire. La via d’uscita, molto spesso, è nella capacità di sdrammatizzare le vicende che nella vita potrebbero traumatizzarci. Non è la regola, ma un consiglio.

Perché scrivere libri umoristici?

In Italia abbiamo una grossa pecca. Consideriamo la letteratura umoristica come qualcosa di nicchia, una letteratura di genere che non tira. Quasi una sub-letteratura. Invece nel resto del mondo, parlo sopratutto dell’Inghilterra, ma anche di Stati Uniti, Francia e altri paesi che non sto ad elencare per non essere prolisso, la letteratura umoristica o quella satirica è un genere come tutti gli altri e gode di un ampio favore da parte del pubblico. Leggere deve divertire, secondo me, anche perché siamo esseri umani fatti di gioia e di dolore. Credo che di libri che indagano il dolore ce ne siano (forse) fin troppi. L’umorismo latita, l’umorismo va coltivato. Se nella mia vita non ci fossero stati autori come Auslander, Sedaris, Moore, Wodehouse, Sharpe, Marchesi, Campanile, Flaiano, Bennett e soprattutto Swift e Sterne, be’, sarebbe stata molto più dura.

Cosa è per te la scrittura?

Disciplina e libertà. Un piacere che va educato tutti i giorni, anche se mi piace pensare che la lettura sia la vera arte visiva suprema.

Perché “arte visiva”?

Principalmente perché si legge con gli occhi, secondariamente perché quello che accade, all’interno della narrazione, deve in qualche modo “essere visto” anche dal lettore, deve coinvolgerlo e affascinarlo. Se entri in un cinema per guardare uno film, sai che ti può piacere o annoiare, ma anche se la proiezione non incontra i tuoi gusti non uscirai mai dopo cinque minuti dall’inizio dello spettacolo. Con i libri è diverso. Se un libro non affascina da subito, se non riesci a trasmettere qualcosa al tuo lettore fin dall’inizio, c’è il rischio che lui chiuda il libro e smetta di leggere.

Cosa peggiore: c’è il pericolo di perdere per sempre quel lettore perché, ricordando l’esperienza negativa fatta, potrebbe associarla anche ai successivi lavori dello quello scrittore. L’autore non è mai vicino al lettore, non fisicamente, e non può dirgli “scusa, le prime cento pagine sono un po’ noiose ma tieni duro che poi inizia il bello”.

Quali libri consiglieresti ai lettori?

Mi sta piacendo molto il nuovo di Alan Thirlwell. Divoro ogni nuova uscita di Sedaris. E poi i libretti di Woody Allen e i racconti di Etgar Keret. Le prime cose di Patrick Dennis, tutto Wodehouse, Karl Valentin e il suo Tingeltangel. Certi racconti di Will Self, ormai introvabili, come pure i romanzi di Tom Sharpe che ormai vivono stipati nei mercatini dell’usato. Aprendo gli orizzonti, tutto il 1800 inglese è punteggiato di meraviglie da far venire i crampi agli occhi per quanto sono belle da leggere, da Jane Eyre a Tess. Mille ancora.

Cosa consiglieresti invece agli scrittori?

Chiederei forse una mano nel far percepire la lettura come una faccenda POP. Molto spesso si tende a fare della lettura un interesse esclusivo, cattedratico. Niente di meglio per affossare non solo un’industria già al collasso, ma anzitutto un piacere che nulla ha a che fare con gli snob. Che gli snob si dedichino alle ostriche e ci lascino i libri.

Fiabe brevi che finiscono malissimo: come e perché nascono?

Dalla noia di un’estate torrida del 2007. Ho unito la mia passione per la produzione di Rodari al pulp di Quentin Tarantino: ne è venuto fuori un incidente tra registri. Divertenti e paradossali, mi permettono di sfogare la mia passione per il nonsense, un vestito di pregio che mi è impossibile indossare quando scrivo romanzi. Il nonsense in Italia pare non tiri. Pare.

A proposito di crisi della lettura: tu cosa faresti per risolverla?

Partirei dalle scuole. Vengo da una famiglia di insegnanti, conosco bene la crisi in cui versa la scuola italiana, i programmi, i testi adottati nell’ora di narrativa, la flemma (a volte) annoiata con cui si affronta la lettura dei testi. Lo so perché ci sono passato. Al di là del supporto, il libro è un oggetto che non può competere con un videogioco o un video su Youtube. I ragazzi hanno bisogno di essere accompagnati nello splendore della parole. È lì che si formano nuovi lettori. Ed è lì che bisogna investire energie, tempo e denaro.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Sto chiudendo il nuovo romanzo. Molto molto folle.

E i sogni nel cassetto?

Molti. Sto lavorando per concretizzarli.

Allora in bocca al lupo. Speriamo di leggerli presto.

Gabriele Scandolaro

Gabriele Scandolaro è dottore in Lettere Moderne ed educatore ed è un lettore proprio come voi. La sua passione è iniziata in tenera età grazie ad una nonna molto speciale che passava i pomeriggi raccontandogli favole e leggendogli libri. Ma non ne aveva mai abbastanza. Ha iniziato a leggere per conto suo e da allora non ha più smesso. Legge qualsiasi cosa: fantasy, gialli, saggi, romanzi rosa, horror, testi scolastici, fiabe, manuali. La sua passione lo ha portato a laurearsi in Lettere Moderne perché unica scelta possibile per un lettore così avido come si descrive. Quando non legge suona il violino. Non riesce a immaginare una vita senza libri e senza musica. Cosa fa su MeLoLeggo? Recensisce i nuovi autori e si dedica a raccontarli attraverso le interviste.

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